Macro Fotografia

Macrofotografia

di Cesare Re

Nikon D800; Micro Nikkor 60 2,8 afd; f 4; 1/250; iso 320; Misurazione Matrix. Treppiede. Non uso quasi mai la misurazione Matrix. Preferisco la spot o semispot. In questo caso, visto che il matrix di Nikon tende a schiarire leggermente l’immagine, ho utilizzato questo sistema. L’immagine è, infatti, in pieno controluce, situazione che ha reso interessante la foto, evidenziando le trame dei petali e la loro trasparenza. La messa a fuoco, ovviamente, è sui pistilli. Il diaframma aperto porta l’attenzione dell’osservatore sul soggetto a sinistra, rendendo il resto della foto soffuso, a causa della poca profondità di campo.

 

 

 

Cosa è la macrofotografia

Bravo, bravo tu che sei su questa pagina e ti appresti a leggere questo articolo, o post, come si chiamano sul web e sui blog. Se sei qui, significa che sei un intenditore…Ma cosa è la macrofotografia ? E’ un mondo nuovo, abitato da forme di vita sconosciute, ricco di strani oggetti dalle caratteristiche estetiche inconsuete e particolari: non è l’inizio di un film o di un racconto di fantascienza, ma il “mondo della macrofotografia” o, più semplicemente, della macro.

Macro, deriva dalla parola greca “Makros” che significa “grande”. La macro è la fotografia di oggetti piccoli o parte di essi, o meglio la riproduzione, su sensore o pellicola, di un soggetto che viene notevolmente ingrandito. Si può dire, ancora più semplicemente, che la macrofotografia è la fotografia di piccoli particolari: un piccolo fiore, un petalo, la venatura di una foglia. Alcune denominazioni più tecniche, definiscono la macro come la riproduzione di un soggetto ad una dimensione compresa tra 1:10 e 10:1. (1:10 significa che il soggetto è riprodotto ad 1/10 della sua grandezza naturale; 10:1 significa che il soggetto è riprodotto 10 volte più grande della sua dimensione naturale; 1:1 significa che il soggetto è ripreso su sensore o pellicola senza ingrandimento o rimpicciolimento alcuno). Un’altra definizione indica come macro i soggetti fotografati alla grandezza di 1:1, classificando, invece, le foto con ingrandimenti maggiori come “microfotografia”, anche se quest’ultima da alcuni è riconosciuta tale solamente ad ingrandimenti di 20:1, in genere appannaggio della fotografia medica e scientifica. Senza perdersi nelle numerose definizioni e classificazioni, analizziamo i vari aspetti, la tecnica, gli strumenti e gli accessori di questa affascinante branca della fotografia. Un ultimo cenno, però, per definire il termine “close up”, ovvero una sorta di macrofotografia moderata, con rapporti di ingrandimento non più elevati di 1:2, una situazione, quindi, piuttosto frequente per fotografi che intendano scattare immagini a fiori, foglie o insetti, sia in pianura sia in montagna.

Le soldanelle sono tra i primi fiori a spuntare dopo lo sciogliersi delle nevi. In questo mese di giugno, nei pressi del Rifugio Zamboni, a Macugnaga, i prati sono punteggiati di fiori policromi, come anemoni, rododendri e anche soldanelle violette. In questo caso, mi interessava avere nitidi il gruppo di fiori sulla sinistra e leggermente più sfocati, quelli sulla destra. Sfocati, in modo da concentrare l’attenzione dell’osservatore sui fiori a destra, ma comunque leggibili, in modo che si capisse che si tratta comunque di soldanelle. Lo sfondo è costituito dal torrente. Il luccichio è dovuto proprio all’acqua che riflette i raggi solari. Attenzione…l’occhio umano è attirato dalla luminosità e, quindi, avere un eccesso di luce sullo sfondo potrebbe creare qualche problema. In questo caso, però, l’effetto è gradevole e limitato. Le gocce d’acqua “tonde”, sono dovute alle ottime lamelle del vecchio, ma sempre eccellente, Micro Nikkor 105 2,8 afd. Lo sfondo è sfocato, in modo da non disturbare l’attenzione dal soggetto che sono, ovviamente, i fiori. Nikon D800; Micro Nikkor 105 2,8 afd; f 6,3; t 1/250; iso 200

Quale macchina fotografica ?

La reflex, sia in versione DX sia in FX, o 4/3, è la macchina fotografica migliore per la macrofotografia, soprattutto grazie alla versatilità e alla possibilità di utilizzare obiettivi macro e dedicati, e una serie di accessori specifici e specialistici. Muovendosi in natura e dovendo camminare per parecchie ore, l’ottica macro è lo strumento migliore per questo tipo di immagini, considerando che si può usare tranquillamente anche all’infinito.

Obiettivi e obiettivi macro

Micro Nikkor 105 2,8 AFd; Tamron 90 2,8 AF; Micro Nikkor 70-180 4,5 / 5,6 AFd; Micro Nikkor 60 2,8 AF.

Lo strumento migliore per la macrofotografia è l’obiettivo macro, specificatamente studiato per la ripresa a distanza ravvicinata, ma in grado di fotografare anche all’infinito. Sono ottiche particolarmente curate non solo per la nitidezza, ma anche per la planeità di campo e per la ridottissima distorsione, con possibilità di chiudere moltissimo il diaframma, in alcuni casi anche sino a f 45 o anche oltre (parliamo di ottiche progettate per il formato 35mm o FX. Occhio al calo di qualità a diaframma tutto chiuso, o molto chiuso). Le ottiche più moderne consentono di raggiungere il rapporto di riproduzione di 1:1. Esistono in diverse focali: normale (40 mm, 50 mm, 55 mm, 60 mm), medio tele (90 mm, 100 mm, 105 mm) e tele (150 mm, 180 mm, 200 mm). Esistono in commercio anche zoom siglati “macro” anche in grado di raggiungere il rapporto di riproduzione di 1:2, ma non sono paragonabili alle ottiche sopraccitate dal punto di vista qualitativo, salvo rarissime eccezioni. Vero che muovendosi in montagna, può essere utile avere uno zoom che, in più, offra qualche possibilità macro. I macro ,con focali dai 50 mm ai 60 mm, sono ideali per tutti gli usi generici. Le focali tele, dai 100 mm in su, consentono una distanza di messa a fuoco maggiore e sono ideali per la fotografia di insetti, e quando si vuole ottenere un maggiore effetto sfocato dello sfondo, visto il minor effetto di profondità di campo che si ottiene all’aumentare dei millimetri. Scattare con un 100 mm, consente, inoltre, di mantenere una distanza maggiore dal soggetto ed, eventualmente, di piazzare flash e accessori vari. Per tutte le focali, i macro sono in grado di sostituire, in un corredo, le rispettive ottiche di corrispondente focale. E’ anche possibile scattare macrofotografie o immagini a distanza ravvicinata montando obiettivi capovolti sulla reflex o, addirittura, su altre ottiche. Si prende, per esempio un 50 mm, si apre al massimo il diaframma e si aggancia, tramite apposito anello adattatore (accessorio presente nel catalogo dei principali costruttori) al bocchettone della reflex o alla filettatura dell’obiettivo attaccato al corpo macchina. Si avrà così una sorta di effetto lente. Per farsi un’idea, è sufficiente appoggiare l’obiettivo invertito alla fotocamera e portare l’occhio al mirino. Attenzione… in genere si perdono tutti gli automatismi.

In un bosco, ai piedi delle Pale di San Martino. Dolomiti. Non sempre porto nello zaino il Micro Nikkor 105 2,8 afd. Per fortuna, questa volta, c’era. Ho visto questo essere verde sotto un tronco, a testa in giù. Chissà se salta anche partendo al contrario ? Messa a fuoco sull’occhio, diaframma chiuso, per ottenere una profondità di campo estesa e un indispensabile colpo di flash, visto che il soggetto era totalmente in ombra e i tempi di posa sarebbero stati conseguentemente molto lunghi. Nikon D800; Micro Nikkor 105 2,8 afd; Flash Nikon SB 26. Mano libera. f16; 1/250 di secondo; iso 100.

Macro col Grandangolo

Immagine scattata col super grandangolare Sigma 14 2,8 afd su Nikon D300., a f 22, per ottenere la massima profondità di campo (focale 21 mm equivalente su full frame). Non chiudo mai, o quasi, il diaframma al valore massimo, per il decadimento della qualità, dovuto alla diffrazione. In questo caso, però, il gioco valeva la candela, poiché serviva la massima profondità di campo. La fotocamera era praticamente a terra, o quasi. Io ero sdraiato appoggiato sui gomiti. Doloroso, ma efficace…Bella situazione di disgelo in Valmalenco, ai piedi del Pizzo Scalino e del Pizzo Moro, inquadrato in alto sulla destra.

Alcuni grandangoli hanno una minima distanza di messa a fuoco molto ridotta e consentono di scattare immagini interessanti, con primi piani perfettamente a fuoco e sfondo leggibile; non si tratta di vera macrofotografia, ma si potrebbe quasi parlare di “macro col grandangolo”.   Se ti interessa approfondire l’argomento, ho parlato di macro con il grandangolare anche in questo articolo, sul mio blog:  L’elleboro ai Piani Resinelli.  Tra le migliori immagini di fiori, le macro col grandangolo consentono di ambientare il soggetto, mostrando anche l’ambiente circostante. Importante che il grandangolo abbia una messa a fuoco minima notevole, intorno ai 15 – 20 cm. In questo modo si ottiene un ingrandimento interessante. La messa a fuoco minima migliore è, spesso, ancora appannaggio delle focali fisse, anche se gli zoom più recenti, soprattutto i “tutto grandangolari” (14-24, 17-35, ecc), hanno ottima messa a fuoco ravvicinata, spesso intorno ai 30 cm. I vari “tuttofare”  28 – 200,  28 – 300 o 18 – 200, invece, non scendono, alla focale minima, sotto i 50 cm e non risultano idonei per la “macro col grandangolo”, in quanto il soggetto risulterebbe troppo piccolo.

Macro col grandangolo. Nikon D700; Sigma 15 mm 2,8 Fish Eye. Foto scattata con supergrandangolare. Ho preferito il Sigma, rispetto al Nikkor 16, perché ha una messa a fuoco minima migliore, solo 15 cm, caratteristica che lo rende ideale per questo genere di foto. F16; 1/125; iso 200. Il diaframma chiuso consente di ottenere l’effetto del sole a stella, con i raggi ben visibili.

 

 

Tubi di prolunga e moltiplicatore di focale

Il tubo di prolunga è un accessorio che si interpone tra la reflex e l’obiettivo, aumentando il tiraggio, ovvero la distanza tra ottica e sensore o pellicola. All’aumentare del tiraggio, diminuisce la distanza di messa a fuoco, ovvero si può focheggiare da più vicino, aumentando così l’ingrandimento.  Non si può più focheggiare all’infinito. Provocano una diminuzione di luminosità dell’ottica, tanto maggiore, tanto più sono lunghi. Anche i moltiplicatori di focale sono accessori utili per la macro. A differenza dei tubi, sono componenti ottici e, quindi, modificano lo schema dell’obiettivo, lasciando invariata la distanza di messa a fuoco e aumentando, però, il rapporto di ingrandimento. Anche i moltiplicatori diminuiscono la luminosità dell’obiettivo. Un moltiplicatore “2 x” , per esempio raddoppia il millimetraggio dell’ottica, e diminuisce la luminosità di due stop. Significa che se sto utilizzando un 100 mm macro, f 2,8, e lo associo ad un “2 x”, l’ottica diverrà un 200 mm, f 5,6. Se il rapporto di ingrandimento era di 1:1, con il moltiplicatore, diverrà 2:1, il doppio, insomma. Sia per moltiplicatori, sia per tubi, accertatevi della compatibilità con ottica e fotocamera. Non sempre è scontata. Spesso dipende dall’età di produzione. A volte si perde la messa a fuoco automatica, e così via.

Una reflex Nikon D300, con montato il Micro Nikkor 60 2,8 af. Sulla sinistra un Sigma 180 5,6 macro. Leggero, ideale da trasportare in montagna, utilizzabile come tele normale e, a distanza ravvicinata, per fotografare insetti e farfalle. Il tele consente di rimanere ad una distanza maggiore dal soggetto, non recandogli disturbo. Altrimenti le farfalle volano via…Peccato non sia più in produzione. Esistono solo modelli con apertura f 2,8 che pesano il triplo, anche 1,5 kg. Un macigno da trasportare in quota. Sulla destra c’è il Micro Nikkor 105 2,8 afd, uno dei miei preferiti, acquistato nel 1997, mi pare, e ancora perfettamente efficiente. Ci sono poi 2 flash, indispensabili per molti tipi di scatto, un moltiplicatore di focale, le lenti addizionali, in basso a sinistra e il telecomando, accessorio utile per minimizzare le vibrazioni, trasmesse dal dito, mentre si preme il pulsante di scatto (in caso si può usare anche l’autoscatto, ma con tempi di almeno 10 secondi). Montato sulla slitta porta flash c’è il cavetto per collegare il lampeggiatore, in modo da usarlo “staccato” dalla fotocamera. Oggi molti flash si possono controllare a distanza, magari facendoli partire con un micro lampo del flash incorporato della fotocamera.

Una foto particolare, con il Nikkor 80-400 4,5 / 5,6 VR 2, con AFS 1,4

Niente ottica macro, per questo scatto, ma un super tele zoom, con moltiplicatore di focale. Le libellule sono velocissime. Per fermare il loro movimento è stato necessario utilizzare il flash, mixando la sua luce con la luce ambiente, in modo da ottenere luminosità anche sullo sfondo. Vedi successivamente “flash e luce”.

Libellule Wagneriane, “Cavalcata delle Valkiryrie”, nel senso che mentre queste volavano io la musica è come se la stessi sentendo veramente… Diaframma f8; 1/250 di secondo. Misurazione media compensata. Iso 800 (ebbene si…a volte anche io alzo gli iso. Quasi mai !). Focale di 560 mm, ottenuta moltiplicando la focale di 400 mm, con AFS 1,4. Flash Nikon SB 600, separato dalla fotocamera, la Nikon D800. Nikkor 80-400 4,5 / 5,6 VR 2 con Nikkor AFs 1,4.

Soffietto

Il soffietto è uno strumento estensibile che si interpone tra reflex e obiettivo. Svolge la stessa funzione dei tubi di prolunga, con la notevole differenza che è regolabile finemente a piacere e consente ingrandimenti notevolissimi, anche a livello di fotografia scientifica o di microfotografia. Si possono montare ottiche di qualsiasi tipo, ma sono da preferire obiettivi macro oppure i cosiddetti obiettivi in montatura corta, appositamente studiati per l’uso col soffietto. Interessante anche l’utilizzo di un obiettivo da ingranditore. E’ impossibile da utilizzare senza un adeguato treppiede. Ad oggi, i soffietti montati sulle moderne digitali non consentono di mantenere tutti gli automatismi, anzi quasi nessuno. Sicuramente di perde l’autofocus e anche l’accoppiamento con il diaframma. Questo significa che se impostiamo il diaframma a f 11, vedremo nel mirino l’immagine molto scura, “un’oscurità ulteriormente accentuata dal soffietto che assorbe moltissima luce. E’ quindi necessario focheggiare sempre a tutta apertura, in modo da vedere l’immagine più chiara possibile e poi, nel momento dello scatto, chiudere il diaframma al valore di lavoro prescelto. Ovviamente anche l’esposizione deve essere calcolata a mano, o con un esposimetro esterno.  Troppo macchinoso, fragile e ingombrante da portare in montagna. Ad oggi non ne ho mai visto uno in quota…non si sa mai. Prima o poi me lo porto io…

La foto di destra altro non è che l’ingrandimento esasperato di un fiore presente nella foto di sinistra. La foto è scattata interponendo il soffietto Nikon PB 6, tra la Nikon D800 e il Micro Nikkor da 60 mm. Per agganciare “fisicamente” la reflex al soffietto, è stato necessario aggiungere un tubo di prolunga. Altrimenti non sarebbe stato possibile l’abbinamento per una questione di dimensioni dell’impugnatura del corpo macchina che creavano un impedimento fisico all’aggancio. Iso 100; f 22. Il tempo di posa è il syncro flash 1/250 di secondo, in modo da diminuire problemi di mosso. Per questo lo sfondo è venuto scuro. La luce ambiente è stata sovrastata da quella del lampo. Il Flash è stato posto molto vicino al soggetto, in quanto l’assorbimento di luminosità del soffietto era veramente notevole.

Lenti addizionali

Sono delle semplici lenti diottriche che si avvitano all’ottica, come dei filtri. Diminuiscono la distanza di messa a fuoco, aumentando così l’ingrandimento. Sono leggere ed economiche. Hanno diverse gradazioni diottriche (+1; +2; +3; ecc.). La camera mantiene gli automatismi. Dal punto di vista qualitativo, non sono certo paragonabili alle ottiche macro, o ai risultati che si ottengono con gli accessori visti in precedenza, ma rimangono sicuramente uno strumento molto utile. Tra l’altro sono molto leggere e poco ingombranti, quindi molto interessanti ed appetibili per chi scatta in montagna. Le metti nello zaino e stanno li…senza disturbare.

Flash e luce

Generalmente, con rapporti di riproduzione notevoli o per lo meno a partire da 1:2, usare la luce naturale diventa difficoltoso, soprattutto per ottenere immagini non mosse o addirittura troppo buie, a causa della vicinanza dell’obiettivo al soggetto che ostruisce la luce stessa. Per immagini di fiori, invece, se il vento lo consente, si possono ottenere foto interessanti anche con la sola luce ambiente, magari orientandola con l’uso di pannelli riflettenti dedicati, o più artigianalmente, con cartoncini, anche se in montagna il peso e l’ingombro, soprattutto, rendono l’utilizzo di questi accessori complicato. La luce flash, però, indispensabile per foto con notevole ingrandimento e foto di insetti. Il Flash non può, in genere, essere utilizzato sulla slitta a contatto caldo, perché non illuminerebbe efficacemente il soggetto, ma deve essere collegato alla fotocamera tramite apposito cavetto dedicato, in grado di mantenere gli automatismi, compreso il TTL. E’ anche possibile usare il flash comandandolo a distanza, con accessori come i trigger, oppure con sistemi dedicati, per i flash più moderni.  Prendendo esempio dalla luce naturale, per evidenziare le forme e la materia, col flash, sarà opportuno simulare una luce bassa e radente, simile a quella che precede il tramonto che, inoltre, creerà le ombre che contribuiranno a donare profondità al soggetto. Diverso il discorso utilizzando un flash anulare che si monta intorno all’ottica e serve per ottenere immagini prive di ombre. Ci sono anche modelli più moderni e recenti, simili al flash anulare, ma che sono formati da più torce; si può, quindi, scegliere se aumentare o diminuire la potenza di una sola di queste torce, in modo da illuminare maggiormente il soggetto da un solo lato. Un normale flash con un cavo, comunque, può bastare per la maggior parte delle applicazioni. Il lampeggiatore, tra l’altro, non deve neanche essere molto potente, in quanto i soggetti sono sempre ravvicinati e sarà, quindi, necessario diminuire la potenza del lampo, oppure allontanare il flash il più possibile, pena un soggetto sovraesposto.

Una foto del tubo ? Non solo. E’ stato utilizzato il soffietto Nikon PB 6. Per montarlo sulla Nikon D800, però, è stato necessario aggiungere un tubo di prolunga. Senza il tubo è impossibile agganciare i due elementi, a causa di impedimento fisico causato dalle dimensioni della fotocamera. Anche questo scatto di neve è stato fatto aggiungendo al soffietto il micro Nikkor 60 mm. Lo sfondo scuro è dovuto all’utilizzo della luce flash (SB 600), in modo da sovrastare la luce ambiente. Vedi il paragrafo “Flash e luce”.

Flash e Fill in:  Sfondo chiaro e sfondo scuro.

Fill in, significa “riempire”. Questa tecnica consente di schiarire le ombre, mischiando la luce ambiente con quella naturale, per schiarire: un fiore, una roccia in primo piano, ecc. Il lampo deve essere equilibrato con la luce del sole, senza sovrastarla, ottenendo il primo piano “schiarito” e lo sfondo illuminato. Esempio: misuro la luce ambiente e ottengo una coppia tempo diaframma di 1/30 e di f 16. L’idea è di ottenere lo sfondo chiaro, illuminato come il primo piano: voglio mischiare la luce ambiente con la luce flash (tecnica fill in). Dovrò impostare la stessa coppia tempo e diaframma che ho ottenuto misurando l’esposizione, quindi 1/30 e f 16. Poi utilizzo il flash. In questo modo ottengo una luce flash identica a quella ambiente e avrò il soggetto illuminato dal flash con la stessa luce dello sfondo, illuminato dal sole. Oppure, desidero lo sfondo più scuro del soggetto: voglio illuminare il soggetto con la luce flash e avere lo sfondo più scuro, anche nero. Invece di impostare la stessa coppia tempo diaframma, quindi 1/30 e f 16, utilizzerò un tempo di posa più veloce, per esempio 1/250. Ovvero passo da 1/30 a 1/60, 1/125, sino ad arrivare a 1/250, sottoesponendo di tre stop l’esposizione dello sfondo. Visto che il tempo di posa influenza lo sfondo, avrò lo stesso sottoesposto, quindi scuro, perchè la luce del lampo arriva solo sul soggetto e non sullo sfondo.

Impostare la fotocamera in manuale, o sincronizzazione con tempi lenti

Per mischiare la luce ambiente a quella del flash è meglio usare la fotocamera in manuale, in M.. Infatti, se impostiamo la fotocamera, per esempio in automatismo a priorità di diaframmi, il flash farà sì che la fotocamera imposti automaticamente il tempo di posa al valore massimo di sincronizzazione, in genere compreso tra 1/250 e 1/90. Non sempre saremmo in grado, quindi, di controllare la luminosità dello sfondo. Esiste, però, anche la possibilità di utilizzare la funzione di sincronizzazione sui tempi lenti (slow sync) che, invece di settare il tempo di posa di sincronizzazione massimo, imposta tempi di posa più lenti, quelli suggeriti dall’esposimetro della fotocamera come se non stessimo usando il flash, consentendo così di mischiare luce ambiente e luce artificiale.

Nella prima foto (f 16; 1/15) ho mischiato la luce ambiente, con la luce flash, ottenendo lo sfondo illuminato. Ho misurato l’esposizione, come se non stessi usando il flash. In seguito ho aggiunto il lampo. La luce del flash arriva solo sul primo piano e non sullo sfondo. Essendo la luce flash uguale a quella dello sfondo, sfondo e primo piano risultano illuminati allo stesso modo. Nella seconda foto (f 16; 1/250) la luce ambiente era identica a quella del primo scatto (f 16; 1/15). Ho, però, impostato il flash con tempo di posa di 1/250 di secondo. Ci sono, quindi 4 stop di differenza tra la luce ambiente e quella del flash. La luce flash è, quindi, molto più potente di quella ambiente e arriva solo a illuminare il primo piano. Lo sfondo non è raggiunto dalla luce del lampo, ma solo dalla luce naturale che è molto inferiore (4 stop) rispetto a quella del flash. Lo sfondo risulta, quindi, più scuro, in questo caso, addirittura nero, perchè il sensore della fotocamera non è in grado di registrare una differenza di 4 stop.

Treppiede, slitta micrometrica e telecomando.

Esempio di slitta Micrometrica su due assi. Si fissa la fotocamera. Si regola la messa a fuoco dell’obiettivo, per esempio alla minima focale. Invece di muovere la ghiera di messa a fuoco dell’ottica, si muove l’insieme fotocamera obiettivo. Questa slitta consente di muovere la fotocamera avanti e indietro e anche lateralmente. Ovviamente deve essere montata su un robusto treppiede. I vari movimenti sono consentiti da ghiere, con gradazioni micrometriche.

Il treppiede è sempre essenziale per scattare buone macrofotografie, sia perché consente una migliore composizione dell’immagine, sia perché si usano diaframmi chiusi e quindi si hanno tempi lunghi che renderebbero la foto mossa. Caratteristica primaria è che consenta di scattare il più vicino possibile al terreno. Ci sono cavalletti che possono, per esempio, montare la colonna centrale al contrario o in orizzontale o altri che si abbassano notevolmente. Una buona testa a sfera consente di regolarsi agevolmente, anche se l’accessorio più utile da abbinare al cavalletto è la slitta micrometrica che, montata sul treppiede, consente alla reflex di muoversi in asse avanti o indietro e, in alcuni casi, anche lateralmente. E’ importantissimo l’utilizzo di uno scatto flessibile, oppure di un telecomando, in modo da non trasmettere le vibrazioni della pressione del dito che, in macro, risultano notevolmente amplificate. Si può anche ovviare al problema, usando l’autoscatto che deve, però, essere regolato almeno su 10 / 15 secondi.

Tecnica di ripresa

Oltre alle nozioni espresse in precedenza, va ricordata l’importanza del punto di ripresa: per avere maggiore profondità di campo è determinante che l’obiettivo sia perpendicolare al soggetto, oltre all’utilizzo di diaframmi chiusi. Per fotografare insetti o particolari piccolissimi è necessario scegliere quale parte dell’immagine si intende avere a fuoco, perché il “tutto nitido” è impossibile, anche con diaframmi chiusissimi, tipo f32 o f45 (occhio al decadimento della qualità dovuto alla diffrazione). In genere si sceglie un punto di messa a fuoco che sarà privilegiato rispetto alle altre parti dell’immagine. Per focheggiare non si muove la ghiera di messa a fuoco, che rimane fissa alla distanza prescelta (disinserire l’autofocus !), ma ci si avvicina o ci si allontana  dal soggetto.

Controluce

Il controluce contribuisce ad evidenziare le forme e le trame dei soggetti che siano fiori o foglie. Nei miei workshop di fotografia spiego sempre come sia interessante cercare effetti di luce meno convenzionale, per attirare l’occhio dell’osservatore. Prestate attenzione al flare (immagini fantasma del sole che si riflettono nelle lenti dell’obiettivo) che viene accentuato dall’utilizzo dei diaframmi chiusi. Per esporre, a volte, può essere necessario sovraesporre leggermente, rispetto ai valori indicati dall’esposimetro, in modo da non ottenere una foto troppo scura. Ovvio, scattando in RAW, è possibile intervenire anche in post, per esempio, utilizzando la funzione “luci e ombre” (presente in tutti i programmi, anche i più elementari) e schiarendo queste ultime.

Foglia in controluce. Con illuminazione diversa, questa sarebbe solo una foto normalissima. Il controluce, invece, evidenzia le trame della foglia. Determinante la misurazione spot sulla foglia stessa, in modo da non ingannare l’esposimetro a causa della luminosità dello sfondo. Nikon D800; Nikkor 70-200 AFG 4; f 6,3 1/1600; Iso 320;

Micro Nikkor AFd 70-180 mm 4,5/5,6 D e  Nikkor AFG 70 – 200 mm 4 

Ecco due esempi di zoom da portare in montagna, per scatti generici e di macrofotografia. Il 70 – 180 è un macro che può essere utilizzato anche per foto all’infinito. Il 70 – 200 è un normale zoom che, in alcuni casi e, a volte con opportuni accessori, può essere usato anche per fotografare fiori e farfalle. Ognuna di queste ottiche ha pregi e difetti. Vediamoli:

AF micro Nikkor 70-180 mm 4,5/5,6 D, l’unico zoom veramente macro

L’ottica non è più in produzione. Deve essere, quindi, ricercata nel mercato dell’usato. Mantiene ancora un’ottima quotazione, intorno agli 800 / 1000 euro, a seconda dello stato di conservazione e utilizzo. Questo è l’unico vero zoom macro. Non fatevi ingannare dalla dicitura macro che appare su molti obiettivi zoom, anche economici. Sono, infatti, ottiche che hanno una funzione macro, ma non sono dei veri e propri macro, ottimizzati per scattare da vicino, corretti per la distorsione e utilizzabili anche a diaframmi piuttosto chiusi, a volte anche oltre gli f 16. L’ottica in questione, invece, è un vero e proprio macro e, infatti, si fregia dell’appellativo di “Micro – Nikkor”, accezione che la casa nipponica prevede solo per le sue ottiche specialistiche destinate alla fotografia ravvicinata e ultra ravvicinata. Consente di raggiungere il rapporto di riproduzione di 1:1,3. La caratteristica principe di questo zoom, però, è la versatilità. Un solo obiettivo consente di racchiudere le focali tele, sino a 180 mm che, personalmente, uso spesso per isolare porzioni di paesaggio, per scattare ritratti alle cime, e le focali macro, per fiori, texture (il “momento corteccia” rimane uno dei miei preferiti; link) e insetti. L’ottica può servire ovviamente anche per foto a camosci e stambecchi che, piuttosto confidenti, si fanno immortalare anche con tele non lunghissimi. Uno dei difetti di quest’ottica è che, a 180 mm, alla minima distanza di messa a fuoco, l’allungamento del barilotto contribuisce a ridurre il millimetraggio della focale massima a 70 mm, con conseguente distanza minima di messa a fuoco di soli 12 cm, che non è propria di una focale macro lunga, tipo i 180 o 200 mm fissi. Il peso, però, di un Sigma o Tamron 180 mm f3,5, o Canon, si aggira intorno a 1 kg, o più,  e non è certo versatile come questo zoom che consente di essere utilizzato come un normale 70-200, o similari, e in più è un vero e proprio obiettivo macro. In montagna, si limita, quindi, il peso del corredo, senza dover scegliere tra macro e teleobiettivo zoom. Certo, il progetto risente in effetti degli anni. Non sono presenti, quindi, né stabilizzatore, né motore di messa a fuoco interno e non c’è la possibilità di abbinarlo ad un moltiplicatore di focale dedicato, tipo i moderni 1,4 AFS, ecc. L’assenza di questi dispositivi, però, rende l’ottica molto più leggera e per uno che se la deve portare in spalla, non è un discorso da poco.

Foto di pianura. Esempio di versatilità del Nikkor 70-180 AFd, micro, 4,5/5,6. Utilizzabile come normale tele zoom, per foto all’infinito, è un vero e proprio macro, con rapporto di riproduzione di 1:1.3, praticamente quasi 1:1, come gli altri AF micro Nikkor, a focale fissa: 60 f 2,8, 105 f 2,8 e 200 f 4. f 16, 1/250; iso 100; flash sb 600, separato dalla fotocamera, con cavo sc 17.

E un tele zoom, tipo 70-200, con un tubo di prolunga o un moltiplicatore di focale ?

Invece di utilizzare uno zoom macro, come il 70-180, che si presta benissimo anche per fotografare all’infinito, si può anche fare il contrario, ovvero scegliere uno zoom 70 – 200 f4, limitando, tra l’altro, il peso del f2,8, e abbinarlo ad un tubo di prolunga o a un moltiplicatore di focale, in modo da utilizzarlo per la fotografia macro. La qualità ottica di queste lenti, in macro, è da valutare di caso in caso. Per raggiungere un rapporto di ingrandimento adeguato è necessario abbinarli a moltiplicatore di focale o a un tubo di prolunga. Il moltiplicatore mantiene la stessa distanza minima di messa a fuoco, ma aumenta l’ingrandimento, a seconda del rapporto di moltiplicazione: se ho un 70-200 che a 200 mm, consente un ingrandimento di 1:4, se utilizzo un moltiplicatore 2 x, che raddoppia la focale, porto il rapporto di riproduzione a 1:2. Lo schema ottico viene modificato dal moltiplicatore e, quindi, anche la qualità diminuisce. Se, invece, utilizzo un tubo di prolunga, distanzio l’ottica dal sensore, aumentando il rapporto di ingrandimento e diminuendo la distanza di messa a fuoco. Anche muovendosi con un 70-200 e abbinandolo a questi accessori, si può utilizzare una combinazione versatile, per macro e per fotografie normali, limitando il peso e l’ingombro. Meglio, quindi il suddetto 70-180 micro, oppure il 70 – 200, per versatilità ? dipende da molti fattori, alcuni anche personali, e, in generale, dall’efficacia dell’abbinamento tra ottica e moltiplicatori e tubi di prolunga. Sia i tubi, sia il moltiplicatore deve essere dedicato all’ottica o comunque compatibile con autofocus e automatismi vari.

Nikon D800; Nikkor 70-200 AFs f4; Afs 1,4; f 16, 1/120, iso 400; flash sb600. Niente male direi…alla focale di 200 mm, con il moltiplicatore si raggiungono i 280 mm, si aumenta l’ingrandimento, mentre la distanza minima di messa a fuoco rimane invariata. L’alternativa sarebbe stato l’utilizzo di un 200 mm o 180 macro, pesante e meno versatile.

Texture di roccia

Classico esempio di texture, ovvero la “riproduzione della materia di cui sono fatte le cose”. Per rendere la materia della roccia e la tridimensionalità dei licheni, è necessaria una luce bassa e radente, che disegna le forme. In questo caso un’ottica come un macro da 50 o 60 mm è l’ideale. Importante anche inquadrare con la lente frontale ben perpendicolare al soggetto, senza inclinarla, in modo da ottenere ottima profondità di campo.

Roccia al Passo Gavia. Nikon D800; Nikkor 60 micro; f 13; 1/200 di secondo; ISO 100; – 0,7 EV. Treppiede

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12 e 13 Maggio, al Centro Parco Ticino ex Dogana Austroungarica, di Lonate Pozzolo (Varese)

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Cesare Re

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